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Ambrosio Paolo, anni 1970
Le più recenti pitture di Ambrosio Paolo, anni 1970, segnano un svolta, nella tensione di una ricerca che procede a tempi stretti, tutta rivolta ad una decantazione dell’immagine; e testimoniano il raggiungimento di un’altra stazione (e stagione) espressiva attraverso un assorto operare estetico, che nel corso di pochi anni è venuto assumendo implicazioni tanto più globali, quanto più semplice ed essenziale diveniva il modo di procedere. Se per questo gusto della riduzione ai minimi termini i suoi quadri possono accostarsi alla tendenza della nuova pittura, per altri aspetti se ne discostano esplicitamente, perché denotano un retroterra più largo e composito intessuto di stratificazioni riferibili a diversi momenti storico-artistici. Ma non c’è niente di ricostruito a tavolino, niente di libresco o didattico, e questo è un primo fatto da sottolineare per individuarne al poetica e la connotazione più autentica e personale delle opere… la magia dell’assolutezza attinta nella più sciolta libertà della ragione: quadri da salirci dentro per un viaggio lucido e strano, nei labirinti silenziosi dell’anima. Lucio Cabutti 1975
L’ineffabile senso del segno Angelo Mistrangelo 1990
I segni in un susseguirsi di elementi significanti, rappresentano la vera e insostituibile essenza dell’esperienza di Paolo Ambrosio, del suo percorso espressivo che si traduce in un particolare e personale alfabeto. Sin dall’inizio degli anni settanta il suo discorso non ha mai perso di vista il senso di una ricerca in cui “il segno -sottolinea l’autore – è inteso come traccia, come potere evocativo e provocatorio, come segnale della coscienza chiamata alla vita attraverso accrescimenti progressivi”.
E, quindi, la linea a richiamare l’attenzione sulla superficie, a testimoniare la capacità di “appropriarsi dei moti improvvisi, dei guizzi, dell’imprevisto ideativo”, mentre la pittura mantiene una sua “autonomia nella consequenzialità temporale”.
Una pittura che assume una ben precisa funzione entro la quale ogni scansione della materia, ogni frammento del tessuto dei fondi, ogni intervento sullo spazio diviene arricchimento del linguaggio, storia e annotazione, soluzione semantica e ricordo di trascorsi accadimenti, di simboli, di colori, di atmosfere che confluiscono, in varia misura e forza, nell’ampio scenario dell’umana esistenza.
Dagli inchiostri su carta del 1969, con aree cromatiche immerse in una luminosità lieve ed incorporea, è, inseguito, approdato alla vibrante tensione del segno che circoscrive, in “Senza titolo” del 1974, zone inesplorate, chiuse in una ferrea disposizione della linea che sembra recuperare il “cloisonisme” delle vetrate delle cattedrali francesi.
English
The sequence of significant signs is Paolo Ambrosio’s genuine, irreplaceable essence; this expressive development of his has become his own particular, personal alphabet. Since the beginning of the seventies, his discourse has never lost sight of the meaning of a research in which, in the words of the artist, “signs are traces, evocative and provocative powers, signals of consciousness summoned to life by progressive additions”. It is consequently the line that draws attention to the surface by witnessing its capacity to “make sudden gestures, darts and ideative unexpected circumstances one’s own” while painting maintains its own “autonomy and temporal consequentiality”. A painting assumes a precise function in which each scan of material, each fragment of backdrop fabric and each intervention in space becomes an element that enriches language, history and annotation, a semantic solution and the memory of past events, of symbols, of colours and of atmospheres which converge to various extents and measures onto the large stage of human existence. From ink on paper in 1969, where chromatic areas were submerged in a light, incorporeal brightness, he later came to the vibrating tension of signs which encompass unexplored areas closed in an inflexible arrangement of lines that appear to recall French cathedral window cloisonisme.