L’Io dell’Immagine

RACCONTI D’ESTATE    (5)

da “L’Io dell’Immagine” Ambrosio Paolo

editore Albatros Il Filo S.r.L. Roma 2019  ISBN 978-88-567-9768-8

Ambrosio Paolo me fecit, Personaggio, 2013, Tecnica mista su tela, cm. 65×50
Sono nato come disegno automatico sulla Promenade des Anglais a Nice. La matita mi ha dato una veloce parvenza di personaggio. L’insieme delle mie linee combinate è recepito nel tempo in quanto l’occhio saggia le stesse poco alla volta e le affida alle facoltà mnemoniche del cervello che ne archivia le impressioni.

Nel lavoro creativo nessun credo è ammesso in forma dogmatica ma sempre e soltanto in una forma problematica, che costruisce per prova ed errore le fasi , dell’opera. L’idea si sviluppa nell’artista immerso nella forza pulsionale della sublimazione, nell’ossessione dell’appagamento della ricerca. All’origine ci sono genesi complesse, disseminate di regole corroborate dal tempo per arrivare, nel tormento del fare all’espressione del sé. L’idea appare sempre vaga in quella suggestione lirica sospesa che funge da preludio alla creazione. La speranza dell’artista contiene sempre quell’indefinito, l’atmosfera gassosa del presentimento, per così dire, che la mera realtà non può includere. Nel caso del disegno automatico(9) , che nasce dall’esperienza dell’uso della matita, si ottiene un risultato non incerto e imperfetto come accade con il sistema che tenta, a partire dall’osservazione, di riprodurre con la linea una forma visibile, ma un segno che scorre spontaneo come l’acqua di un ruscello poichè ha già fatto molte volte quel percorso. Non ci sono più le rigidità di ciò che è stato tentato a lungo per ottenere, nell’imitazione, la perfezione, ma un risultato senza ripensamenti, una sorta di impressionismo segnico. Nel caso del disegno astratto la mente dell’osservatore non incontra più le esperienze del passato, già viste e visitate, ma è sedotta da ciò che non conosce che si confronta con la memoria pregressa del valore espressivo. Una musica dei segni è ciò che affiora dai liquidi disordinati dei sensi, sciogliendone i domini pregressi. Non è un imbroglio di segni ma, nell’urgenza dell’apparire, i segni stessi hanno una modulazione che diviene una vera eiaculazione, a testimoniare l’estrema esaltazione nell’esecuzione dell’opera. Nell’urgenza dell’oltraggio, l’emanazione di energia della gestualità si manifesta nell’evento della materializzazione. L’immagine si trasforma, durante il lavoro, attraverso un’attività dominata dal caso ed è come un funambolo sulla corda tesa ove figurazione e astrazione combattono per integrarsi, la realtà contro la forma, con uno sprigionamento di energia che non passa necessariamente dall’uno all’altra.

In creative work, no creed is admitted in a dogmatic form but always and only in a problematic form, which builds the phases of the work by trial and error. The idea develops in the artist immersed in the drive force of sublimation, in the obsession with the satisfaction of research. At the origin there are complex genesis, scattered with rules corroborated by time to arrive, in the torment of doing, to express oneself. The idea always appears vague in that suspended lyrical suggestion that serves as a prelude to creation. The artist’s hope always contains that indefinite, the gaseous atmosphere of presentiment, so to speak, that mere reality cannot include. In the case of automatic drawing (9), which arises from the experience of using the pencil, a result that is not uncertain and imperfect is obtained, as happens with the system that tries, starting from observation, to reproduce a visible form with the line , but a sign that flows spontaneously like the water of a stream as it has already traveled that path many times. There are no longer the rigidities of what has been tried for a long time to achieve perfection in imitation, but a result without second thoughts, a sort of sign impressionism. In the case of abstract drawing, the observer’s mind no longer encounters the experiences of the past, already seen and visited, but is seduced by what he does not know that is confronted with the previous memory of expressive value. A music of signs is what emerges from the disordered liquids of the senses, dissolving the previous domains. It is not a confusion of signs but, in the urgency of appearing, the signs themselves have a modulation that becomes a real ejaculation, testifying to the extreme exaltation in the execution of the work. In the urgency of outrage, the energy emanation of gestures manifests itself in the event of materialization. The image is transformed, during work, through an activity dominated by chance and it is like a tightrope walker on the tightrope where figuration and abstraction fight to integrate, reality against form, with an energy release that does not necessarily pass from the one to the other.

Nella ricerca disperante del sentimento dell’impossibile vi è un argine, entro il quale, per preservare la genuinità dell’immagine, si incontrano valori estetici, astratti o figurativi, parimenti confrontabili. Affiora, repentino e inconscio, in uno iato di tempo, il trapasso tra il volere dell’artista e la velleità dell’opera che acquisisce una vita autonoma. In questo gioco, che oltrepassa la noia della comunicazione, si rivela la sensazione di un reale mistero, fatto di segni non razionali e inevitabili. Si decide quello che si vuol fare non sapendo come, e non si comprende perché certi segni, una volta sulla tela, esigano di essere spinti verso il loro destino.

Fig. 20 Ambrosio Paolo me fecit, 1974, tintotela, tela dipinta con segno incontaminato, cm. 60×50
Da un esterno indeterminato l’occhio è balzato nel mio cortile di vocaboli come punto di attrazione, il graticcio

Nella tintotela fig. 20, il valore espressivo del segno è attivato dall’ossigeno che entra in un ancora intatta radura di vocaboli e che permette al segno stesso di esprimersi senza una presenza materica sulla tela. È la tela, vergine, che attiva con la presenza del colore il segno. L’affermazione passa attraverso la negazione e, lungi dal situarsi nel registro fusionale di soggetto e oggetto l’atto creatore si pone in una relazione di alterità.  È qui opportuno ricordare Zellig Harris(10) , padre della linguistica e maestro di Chomsky, con il suo distribuzionalismo per cui i concetti fondamentali non sono quelli di regola, governo, legamento, etc., abituali del generativismo ma quelli di frequenza, probabilità, aspettativa che meglio si attagliano alla ricerca di un discorso sul segno. Ciò è utile anche come altro ragionamento usato nella logica della ricerca scientifica. Come diceva Pasteur “la sorte favorisce le menti preparate”. È in gioco in questi processi l’abduzione, una forma di ragionamento non esattamente deduttivo perchè non tutte le premesse di cui ci si serve per arrivare ad una conclusione sono certe, ma alcune sono probabili.(11)

 

In the desperate search for the feeling of the impossible there is an embankment, within which, in order to preserve the authenticity of the image, aesthetic, abstract or figurative values, equally comparable, meet. Suddenly and unconsciously, in a gap of time, the transition between the will of the artist and the ambition of the work that acquires an independent life emerges. In this game, which goes beyond the boredom of communication, the sensation of a real mystery is revealed, made up of non-rational and inevitable signs. We decide what we want to do not knowing how, and we don’t understand why certain signs, once on the canvas, require to be pushed towards their destiny.

In the tintotela  fig. 20, the expressive value of the sign is activated by oxygen which enters a still intact clearing of words and which allows the sign itself to express itself without a material presence on the canvas. It is the virgin canvas that activates the sign with the presence of color. The affirmation passes through the negation and, far from being situated in the fusional register of subject and object, the creative act is placed in a relationship of otherness. In Paul Celan’s Sprachgewiter, sight is exercised in order to hear, and what is heard is a silence on the edge of language. Here it is appropriate to recall Zellig Harris (10), father of linguistics and teacher of Chomsky, with his distributionalism according to which the fundamental concepts are not those of rule, government, hitch etc. habitual of generativism but those of frequency, probability, expectation that are best suited to the search for a discourse on the sign. This is also useful as another reasoning used in the logic of scientific research. As Pasteur said, “fate favors prepared minds”. Abduction is at stake in these processes, a form of reasoning that is not exactly deductive because not all the premises used to reach a conclusion are certain, but some are probable. (11)

 

(9) La scrittura automatica è stata usata come metodologia artistico letteraria da alcune correnti letterarie, in particolare dal surrealismo che, facendo riferimento alla psicoanalisi voleva ridurre ogni frapposizione censoria di tipo razionalistico tra l’artista e la creatività scaturente dall’inconscio. Gli psicologi interpretano la scrittura automatica nell’ambito dei cosiddetti automatismi. Gli automatismi sono particolari comportamenti guidati da associazioni inconsce. Essi si manifestano tutte le volte che compiamo determinate azioni senza esserne coscienti. Ad esempio, un guidatore esperto (a differenza di un principiante) compie tutti i gesti necessari alla guida in modo automatico e senza “doverci pensare”. Non è quindi una autosuggestione. Il poeta e critico francese André Breton, nel suo “Manifesto del surrealismo”, così definisce lo stesso termine “surrealismo”: “Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”. Questa definizione potrebbe adattarsi quasi perfettamente alla stessa scrittura automatica. Nel nostro caso i disegni automatici come risultato di 50 anni di esercizio di disegno sulla figura guardando solamente il soggetto e non più la matita. Chomski dice che nell’umano vi è una struttura profonda che costruisce una frase indipendentemente dal suo significato attraverso la ridondanza. La ridondanza e l’esperienza promuovono il risultato. Sono reperibili alcuni “dessin automatiques” di André Breton del 1925-1926 su La revolution surrealiste Edition du Centre Pompidou, Paris, 2002, pp. 122,123,125.
10 Zellig Harris, Linguaggio e informazione, Adelphi, Milano, 1995
11 Dri Pietro, Serendippo, Editori Riuniti, Roma, 1995
(9) Automatic writing has been used as an artistic literary methodology by some literary currents, in particular by surrealism which, referring to psychoanalysis, wanted to reduce any rationalistic censorship between the artist and creativity arising from the unconscious. Psychologists interpret automatic writing in the context of so-called automatisms. Automatisms are particular behaviors driven by unconscious associations. They manifest themselves every time we perform certain actions without being aware of them. For example, an experienced driver (unlike a beginner) performs all the necessary actions to drive automatically and without “having to think about it”. It is therefore not an autosuggestion. The French poet and critic André Breton, in his “Manifesto of Surrealism”, defines the term “surrealism” as follows: “Pure psychic automatism with which we propose to express, both verbally and in writing, the functioning
real of thought. Dictation of thought, in the absence of any control exercised by reason outside of any aesthetic or moral concern. “This definition could fit almost perfectly with automatic writing itself. In our case, automatic drawings as the result of 50 years of drawing on the figure looking only at the subject and no longer at the pencil. Chomski says that in the human there is a deep structure that constructs a sentence independently of its meaning through redundancy. Redundancy and experience promote the result. Some “dessin automatiques” ”By André Breton of 1925-1926 on La revolution surrealist Edition du Center Pompidou, Paris, 2002, pp. 122,123,125.
10 Zellig Harris, Language and information, Adelphi, Milan, 1995
11 Dri Pietro, Serendippo, Editori Riuniti, Rome, 1995